Marilisa Picchione: l'arte a fior di pelle
(intervista di Sergio Marchetta)
L'arte è libertà, sempre! A partire dall'ispirazione e fino alla realizzazione dell'opera. Oggi vi racconto l'incontro con un'artista che interpreta una delle forme espressive meno consuete ma decisamente pregne di simbologia e significato. Marilisa disegna ma non è una pittrice, usa l'inchiostro ma non è una scrittrice, immortala storie e desideri ma non è una maga: Marilisa è una tatuatrice. Il tatuaggio - che si voglia o no - resta una delle forme artistiche più piacevolmente controverse, più dolcemente invasive per la sua stessa natura, più indelebilmente incomprensibile per chi non ci si avvicina con la giusta filosofia; eppure sempre affascinante. Incontro Marilisa a Larino, nel suo studio dai toni delicati come il suo sorriso. La nostra chiacchierata può iniziare.
Come nasce in te la passione per il tatuaggio?
Il disegno è stata sempre una parte importante di me, fin da bambina. Poi durante il periodo delle scuole medie ho scoperto la passione per il tatuaggio, in un'epoca non molto lontana ma comunque in cui esso rappresentava ancora qualcosa di poco popolare. Naturalmente non immaginavo che sarebbe diventato il mio lavoro oltre che un sogno. Anzi, ci terrei a precisare che tatuare per me non è tanto un mestiere quanto uno stile di vita: anche se non fossi diventata una tatuatrice sarei comunque tatuata.
Quanto tempo ti assorbe la tua attività?
Quasi tutta la giornata. Occupo parte del mio tempo preparando i disegni e impiego il resto a realizzare i tatuaggi. Poi dedico anche molto spazio al dialogo con i clienti, all'ascolto delle storie e dei motivi che spingono le persone a farsi tatuare. Potremmo dire che il mio studio talvolta diventa una sorta di confessionale. Questo significa che molti clienti diventano anche amici e amiche con cui il rapporto continua al di fuori degli incontri dedicati alla realizzazione del mio lavoro.
Quanto è difficile soddisfare sempre le richieste dei clienti?
Occorre tanta pazienza ma parto dal presupposto che nessuna richiesta è fuori luogo se è dettata da un motivo valido e reale. In ogni caso se mi rendo conto che il tatuaggio che mi viene richiesto è solo un pretesto per dover apparire o se non ha una spinta personale all'origine io mi rifiuto. Mi è capitata ad esempio la richiesta di tatuare un disegno sul viso: ho detto di no.
Hai mai conosciuto qualcuno che si sia pentito di un tatuaggio?
Certo! E sono tanti quelli che vengono a chiedere di "coprire" un tatuaggio perché eventi della vita portano a rinnegare il senso di quel disegno o semplicemente perchè il gusto estetico si è modificato con gli anni. Io però tendo sempre a "rinnovare" il tatuaggio più che a coprirlo in questi casi.
Perchè ancora oggi il tatuaggio resta una sorta di tabù, di "etichetta" negativa?
In questo senso il mio lavoro è anche una missione che esercito per far comprendere che il tatuaggio è mille cose! Ma innanzitutto è un disegno e dunque una forma di arte vera e propria; comunque devo dire che oggi l'opinione comune rispetto al tatuaggio è molto migliorata. La conferma è che oggi le richieste di tatuarsi sono trasversali per fascia di età e livello sociale.
Il rischio resta quello che diventi una mera moda?
Forse siamo già a questo livello, Per questo mi piace "indagare" sui motivi di una richiesta, parlare con le persone prima di mettere mano all'inchiostro.
Esiste un'età per tatuarsi?
Assolutamente no. Mi capita sempre più spesso di tatuare anche ultrasettantenni.
Essenzialmente il tuo lavoro ti porta ad avere un rapporto ravvicinato con il corpo: questo ti ha mai inibito o condizionato professionalmente?
Nel momento in cui sto facendo il mio lavoro tutta la concentrazione è dedicata a quel pezzo di pelle su cui sto tatuando. Come se stessi disegnando su una tela. Al contrario spesso riscontro l'imbarazzo o addirittura lo spavento nella persona che ho di fronte per cui torno a ripetere quanto sia importante il dialogo ancora prima di procedere nella realizzazione tatuaggio.
Ti è capitato di ripetere lo stesso tatuaggio su persone diverse?
Purtroppo la moda porta anche a questo. Magari provo a differenziarli con un particolare.
Un tatuaggio può essere fatto in un posto "nascosto"?
Il tatuaggio nasce per essere mostrato e non deve essere nemmeno troppo minuscolo (anche per motivi tecnici). Se riscontro indecisione in questo senso provo a parlarne con il cliente e a trovare un compromesso. Non preferisco attingere dal catalogo: il tatuaggio deve nascere da un'idea e da una spinta personale.
Essere donna è penalizzante rispetto a questo tipo di lavoro?
Ritengo di no. Qualche volta, soprattutto all'inizio della mia carriera, mi è capitato di clienti che sottovalutavano il mio parere o un mio suggerimento; adesso non più: questo è la mia arte!
Quanti tatuaggi hai addosso?
Attualmente ne ho diciassette; siccome il primo l'ho realizzato 17 anni fa posso dire di averne fatti mediamente uno all'anno. Una coincidenza simbolica. In realtà si stanno "legando" l'uno con l'altro per cui più che contare quanti ne sono mi piace ricordare i diversi periodi in cui ho deciso di farli.

Sei tu l'autrice dei tuoi tatuaggi?
Certo! A parte tre che tecnicamente erano impossibili da fare autonomamente per la loro posizione li ho realizzati tutti io.
Ti capita di sentirti "osservata" per i tatuaggi che ti ricoprono?
Se accade sinceramente non ci faccio caso.
Tu disegni da sempre. Quando hai deciso di cominciare a sviluppare i tuoi soggetti non più solo su carta o su tela bensì sulla pelle?
Nel momento in cui mi sono tatuata la prima volta, sperimentando la sensazione dell'ago sulla pelle; un'esperienza che - curiosamente - mi ha rilassato e succede ogni volta. Non avverto dolore. Così è nata la mia passione e da lì è iniziata la mia strada.
Hai un tuo stile personale?
La clientela ti impone di essere versatile e saper fare di tutto. Comunque la mano si riconosce, come in un'opera d'arte non firmata. E' una questione di stile, appunto.
Cosa significa sognare per te?
In quello che faccio c'è tanta fantasia e la fantasia è sogno, creatività. Io ho soddisfatto un mio grande sogno iniziando a fare la tatuatrice.
Se ti dovessi simbolicamente definire con un tatuaggio, quale immagine sceglieresti?
Un teschio. Un teschio allegro. Dolce ma teschio. E' una figura che mi accompagna e attira da sempre ma in modo sdrammatizante, come per esorcizzare qualcosa di triste con una declinazione più spensierata. Il tatuaggio stesso fa parte di te, fino alla fine.
L'arte della memoria: mi piace definire così il tatuaggio dopo averne parlato con Marilisa. Come se la decisione di imprimere sulla propria pelle un segno, un sogno, un passaggio di esistenza fosse la scelta consapevole di fermare il tempo attraverso l'inchiostro come in una sfida alla memoria che l'età affievolisce. Il corpo può imparare a parlare anche attraverso un tatuaggio: che non siano mai parole inutili!